Derivati sul clima sempre più frequenti in Italia

I derivati sul clima, com’è facile intuire dalla nomenclatura, sono assicurazioni che hanno a che fare con le condizioni meteo. Si tratta di polizze che puntano a proteggere il business di chi ha un’attività economica legata alle condizioni climatiche.

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I derivati sul clima sono delle cedole assicurative che vanno a rimborsare l’azienda nel momento in cui questa perde una quota del proprio business per via del cambiamento climatico inatteso. Per esempio, se un balneatore si trova a combattere con una stagione estiva molto piovosa, avendo sottoscritto un derivato climatico, può ottenere un rimborso dei soldi che non è riuscito a fatturare. È chiaro che sui derivati del clima c’è più precisione che nel meteo nel senso che i limiti oltre i quali il premio viene pagato devono essere sempre esplicitati nel contratto.

I derivati del clima stanno prendendo piede anche nel nostro paese ma il loro costo non è ancora competitivo. In realtà si tratta di strumenti non particolarmente nuovi nel panorama assicurativo. A livello mondiale sono nati intorno al 1997 e se ne servono marchi molto importanti come la Coca-Cola o l’Heineken.

Sarebbero un ottimo strumento di protezione per i balenatori, per coloro che gestiscono parchi divertimenti, ma anche per gli agricoltori o per i pescatori, per i produttori di gelato o di acqua. Nel nostro Paese, qualcosa di simile ai derivati sul clima è stato già diffuso grazie alla Banco di Sondrio. Nel 2003 questo istituto di credito ha siglato un accordo con la produttrice di acque minerali Fonte Tavinia concordando il pagamento di un indennizzo assicurativo nel caso in cui durante la stagione stabilita non si raggiungessero i 28,5° di temperatura media.

I derivati climatici rappresentano un prodotto unico nel loro genere visto che le altre polizze simili, per esempio quelle riservate agli agricoltori, li tutelano da incidenti personali o legati alla perdita delle strutture, per esempio l’incendio del magazzino, o la moria di bestiame, o l’invalidità permanente del coltivatore.

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